10.10.08

Donne e videogiochi: un rapporto evoluto?

Amici hard-core gamers, le cose stanno cambiando.

Secondo un sondaggio realizzato da Peter D. Hart Research, e commissionato da Entertainment Software Association, ben il 26% del pubblico giocante sarebbe composto da donne (fonte: Gamefun.it); che le cose stessero cambiando ce n'eravamo accorti tutti: tra giochini in flash, casual games vari e console della Nintendo (Wii e DS) la percezione che la donna stesse evolvendo a "donna-giocatrice" era netta.
Ma questo rapporto tra donne e videogiochi è tutto rose e fiori? O meglio: il bicchiere è mezzo vuoto, o mezzo pieno? Scopriamolo.

Jade Raymond, producer di Assassin's Creed

Casual games, casual games e ancora casual games: partite veloci da 5 minuti sono tutto quello che la donna cerca dal videogioco. O almeno questo sembra dire il mercato: da un lato la percentuale di donne che gioca e acquista casual games è in vertiginosa ascesa; dall'altro le vendite di titoli come quelli della serie "Giulia Passione" per Nintendo DS sta a certificare che anche le ragazzine sono state contagiate dalla febbre del game.
C'è da dire che il mondo dei videogiochi "seri" sembra ancora off-limits per le donne, ed è proprio su questa constatazione che si base l'opinione che noi videogiocatori con la "V" maiuscola abbiamo della donna-giocatrice.

Supponenza, sensazione di superiorità, scherno: noi hard-core gamers, quando vediamo una donna intenta ad affrontare un videogioco "serio", inizialmente restiamo favorevolmente impressionati dal rarissimo evento; bastano però pochi minuti per scatenare in noi la voglia di prendere in giro la poveretta dall'alto della nostra (presunta) superiorità videoludica.
Non c'è niente da fare: per noi la donna che videogioca o è una donna che gioca "ai giochini", oppure è un'illusa che tenta di misurarsi con un mondo che non fa per lei, un mondo da maschi.
Ma siamo sicuri che sia sempre così?

Le donne son sempre donne, gli uomini son sempre uomini e gli ormoni son sempre ormoni.
Questo le software house e i publisher l'hanno capito dall'inizio dei tempi: basti pensare a tutti i personaggi femminili, tettuti e svestiti, che hanno calcato le scene dei nostri monitor. L'appeal di una bella donna aiuta senza dubbio a vendere.
Ora però sembra che si sia arrivati ad un livello diverso: il "circus" sembra essersi reso conto che, visto l'innegabili appeal che la femmina ha sul pubblico giocante (e quindi maschile), tanto valeva non limitarsi a proporre personaggi sexy ed ammiccanti. Ecco quindi che la donna (la donna in carne ed ossa) viene utilizzata come veicolo per il videogioco.

Pensiamo alla vistosa Jade Raymond, producer di Assassin's Creed e talmente popolare tra gli appassionati da meritarsi un sito di fan; pensiamo ai sempre più attivi "clan" di videogiocatrici (citiamo ad esempio le Fragdolls e le PSM), troppo spesso simili più ad una versione farlocca delle Spice Girls o delle Winx che ad una vera e propria associazione sportiva. La donna quindi sembra più essere un "veicolo pubblicitario", piuttosto che una interprete attiva del panorama videoludico "serio".
Pregiudizi? Maschilismo? Voglia di pensare male ad ogni costo? Può darsi, ma a pensar male spesso si fa centro.

Fragdolls, quando il clan è donna

In conclusione, il panorama è sicuramente complesso.
Le donne hanno scoperto il videogioco, e il videogioco ha scoperto le donne. Il bicchiere potrebbe riempirsi fino all'orlo, in futuro, ma attualmente è e non può essere altro che un bicchiere mezzo vuoto: il mercato sta attualmente sfruttando non solo la voglia di intrattenimento facile del pubblico femminile, ma anche l'appeal che la donna esercita nei confronti del pubblico maschile.
Uno sfruttamente doppio, insomma. Il rapporto tra donne e videogiochi un domani potrebbe maturare in un qualcosa di più complesso, ma oggi a mio parere è ancora ben lontano dall'essere un rapporto evoluto.

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