12.5.15

Da Project CARS non si torna indietro

Dopo una serie di rinvii che ha messo a dura prova la pazienza di tutti quegli appassionati che colpevolmente non si erano uniti all'allegra combriccola che su WMDPortal.com aveva contribuito di tasca propria a finanziare il gioco, ricevendo in cambio la possibilità di metterci le mani sopra a "lavori in corso", finalmente il 7 maggio scorso il nuovo gioco di guida di Slightly Mad Studios ha visto la luce, ed è stata subito chiara una cosa: da Project CARS non si torna indietro.


Da Project CARS non si torna indietro perchè qualsiasi screenshot catturato in-game è meglio di qualsiasi foto realizzata con l'ormai anacronistico "photomode" presente in qualsiasi altro tipo di videogioco di guida. Che poi se nel 2015 ancora credi di poterti far bello sbandierando il fatto che nel tuo giuoco c'è il photomode...be', auguroni.


Da Project CARS non si torna indietro perchè iniziare una gara nel bel mezzo della notte, magari sotto una pioggia sottile, e concluderla mentre sorge il sole e le nuvole vanno diradandosi è decisamente meglio di scegliere se correre di giorno o di notte, col sole o con la pioggia. Cioè, insomma: siamo nel 2015 ciccio.


Da Project CARS non si torna indietro perchè finalmente, grazie alla possibilità di selezionare fino a quattro diversi slot relativi alle differenti condizioni climatiche che ci troveremo a dover affrontare nel corso della gara, il concetto di "meteo variabile" in un racing game suona come qualcosa di reale e non come una presa per i fondelli.


Da Project CARS non si torna indietro perchè qui puoi giocare la modalità carriera che hai sempre desiderato giocare: puoi partire dai kart o direttamente dalle vetture a ruote scoperte più veloci e potenti, puoi affrontare ogni gara scegliendo quali sessioni disputare (prove libere, qualifiche, gara...), puoi passare da una specialità all'altra accettando i contratti che via via ti verranno proposti, ma nulla ti vieta di mantenere il culo sempre ben appiccicato alla medesima vettura, nel corso della tua sfavillante carriera nel mondo dei motori.


Da Project CARS non si torna indietro perchè finalmente in un gioco di guida la pioggia è inserita in maniera realistica: chi non ha mai provato cosa significhi ritrovarsi a fare un testacoda nel bel mezzo di una curva semplicissima solo perchè proprio in quel tratto del circuito ha appena iniziato a piovere - e tu non te ne eri accorto - non può definirsi un vero appassionato di videogiochi di guida. E comunque la pioggia, anche graficamente, è resa in maniera eccellente e quindi le si perdona tutto.


Da Project CARS non si torna indietro perchè puoi giocarlo sia se hai un manico grosso così, sia se nemmeno hai la patente: dal giocare con la visuale dal casco, senza aiuti, con gli avversari che ti mordono le caviglie come cani rabbiosi, con danni reali e pneumatici che si usurano, al giocarlo con la visuale esterna, con gli aiuti attivati, con gli avversari che ti dicono "prego, passi lei", con danni solo estetici la differenza è enorme.


Da Project CARS non si torna indietro perchè questa visuale dal casco è semplicemente la maniera giusta di giocare un racing games. E gli interni delle vetture sono modellati niente male.


Da Project CARS non si torna indietro perchè il numero di variabili che il giocatore è chiamato a definire prima di scendere in pista è elevatissimo: quali vetture guideranno i tuoi avversari? Quali saranno le condizioni meteo? A che ora del giorno o della notte scenderai in pista? Dovrai obbligatoriamente fare un pit-stop? E soprattutto: quand'è che smetterai di leggere quel "Tutto libero" lì a sinistra come "Rutto libero"?!


Da Project CARS non si torna indietro perchè l'atmosfera che sa creare è impossibile da ritrovare in altri prodotti simili, almeno al momento. Una cosa è certa: chi voglia buttarsi su questo filone, d'ora in avanti, dovrà confrontarsi con standard ancora più elevati rispetto al passato.

Da Project CARS non si torna indietro, insomma: gli appassionati se ne stanno accorgendo, se ne accorgeranno anche gli addetti ai lavori?...

2.5.15

Forze del disordine

Che differenza passa tra i manifestanti pacifici che ieri a Milano hanno manifestato per esprimere il proprio dissenso nei confronti di EXPO Milano 2015, e quegli esponenti delle forze dell'ordine che col loro comportamento irreprensibile onorano la divisa che portano? Nessuna.

Genova, G8 2001, scuola Diaz. La Corte di Strasburgo a distanza di anni ha condannato l'Italia perchè "alla scuola Diaz fu tortura". Eppure tra le forze dell'ordine c'è chi gira puntualmente la testa dall'altra parte, facendo finta di non vedere / non sapere, e chi addirittura manifesta apertamente il proprio orgoglio per aver preso parte ad un massacro che ci ha coperti di vergogna in Europa. Proprio da chi avrebbe tutto l'interesse a prendere le distanze dai violenti che disonorano la divisa giunge solo silenzio, quando non addirittura approvazione.

Milano, manifestazione "no expo", 2015. Una città violentata dai Black Block mentre il signor ministro dell'interno si bea per "avere evitato il peggio", e mentre i manifestanti pacifici (la stragrande maggioranza) pare non essersi nemmeno accorta delle auto in fiamme, delle vetrine sfondate, dei compagni di corteo che improvvisamente celano il volto con maschere e cappucci ed iniziano la guerriglia. Proprio da chi avrebbe tutto l'interesse a prendere le distanze dai violenti che mettono in cattiva luce le ragioni della protesta giunge solo silenzio, quando non addirittura approvazione.

Forze dell'ordine che di fronte alla Milano bruciata giustificano - col loro silenzio - le torture della Diaz; manifestanti pacifici che di fronte alle torture della Diaz giustificano - col loro silenzio - la Milano bruciata. Pari e patta, insomma, un male equivale l'altro ed entrambi sommandosi si cancellano, senza che ci sia il bisogno di dire che no, tutto questo non va bene. Ma questa è l'Italia peggiore, l'Italia in divisa che si arrende, l'Italia dei manifestanti che si arrendono, l'Italia che non ammette le proprie colpe, l'Italia delle forze del disordine. Con e senza divisa.

Senza parole.
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