Ad un anno dalle elezioni che avevano portato al potere il partito Libertà e Giustizia, emanazione del movimento dei Fratelli Musulmani, l'Egitto è nuovamente nel caos: i militari hanno deposto l'ormai ex-Presidente Morsi, mentre nelle piazze sono radunati i sostenitori delle opposte fazioni.
Da un lato abbiamo i variopinti manifestanti del Tamarod (termine che significa "ribellione"), che dal palcoscenico di Piazza Tahrir, al Cairo, con la loro protesta contro la situazione disastrosa dell'economia del Paese e contro la presunta deriva dittatoriale presa da Morsi & Co. hanno servito ai militari su un piatto d'argento l'occasione per intervenire ancora una volta sullo scacchiere politico egiziano, con un ultimatum prima e con gli arresti domicialiari di Morsi poi. Mentre il popolo festeggia con balli, luci e fuochi artificiali quella che sembra essere una sua grande vittoria, i soliti poteri forti festeggiano a loro volta l'uscita di scena di un Presidente che stava trascinando l'Egitto verso una crisi sempre più devastante.
Dall'altra parte abbiamo i sostenitori dell'ormai ex-Presidente, che dal quartiere di Nasr City (sempre al Cairo) fanno sentire la loro voce da un palco montato accanto ad una moschea: loro vogliono solo uno stato islamico, non accetteranno un presidente che non sia islamico e se necessario sono pronti a fare sentire la loro voce anche con la violenza, combattendo nel nome di Allah non per difendere l'Egitto ma per difendere l'Islam. I giornalisti, e sopratutto i giornalisti occidentali, non sono bene accetti da quelle parti a causa di una loro supposta parzialità a favore dei "ribelli" del Tamarod, nelle cui fila secondo loro trovano posto tutti i cristiani del Cairo ed i corrotti del vecchio regime di Mubarak...e ovviamente in questa cospirazione cè di mezzo anche Israele.
Insomma, l'Egitto ha gettato la maschera. Anzi, le maschere. E sono sempre, inevitabilmente le stesse.
Egitto: cadono le maschere.
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